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dal mondo antico all’età contemporanea


Ripartire dal Mediterraneo

È un mare di popoli, di lingue e di religioni, ricco di storia e di problemi.
È la narrazione del cammino degli uomini, è il diario di viaggio nel quale gli uomini hanno raccontato conflitti, scontri e battaglie, ma hanno scritto anche pagine indimenticabili di civiltà, di cultura e di politica.
La tradizione greca e latina, ed anche quella ebraica e quella arabo e islamica, in quel mare si sono intrecciate fruttuosamente generando le comuni radici che contraddistinguono l’Europa moderna.
Oggi è un mare di disperazione dove gli uomini si aggrappano alle alghe, come tavole, nella speranza di potersi salvare.
La politica di quell’Europa, che in quel mare affonda le proprie radici, vive con distacco gli eventi della storia, lasciando nella solitudine i Paesi di frontiera, duramente provati anche da una profonda crisi economica.
Vi è oggi, in alcuni paesi dell’Unione, la tendenza a chiudersi dentro i propri confini, ad alzare muri e a vestire il ruolo del "protagonista" solo difronte ai propri interessi, lucrando spesso sulle disgrazie e sulle crisi altrui, con conseguenze a dir poco drammatiche dal punto di vista sociale.
Così è andata via via crescendo la sfiducia dei cittadini verso una Istituzione, oggi ritenuta sempre più distante e impegnata soltanto a stabilire regole percepite lontane dalla sensibilità dei popoli.
I Padri fondatori avevano sognato una Europa diversa, una Unione di Popoli sensibili e solidali.
In quest'anno appena passato, abbiamo celebrato il 60° anniversario dei Trattati di Roma. Speriamo che sessant'anni di storia, spesso cosparsi di errori e di scelte sbagliate, possano indurre i Popoli a momenti di riflessione e di saggezza su un futuro che può esistere solo in presenza di una svolta importante dove gli egoismi nazionali cedano il passo ad un processo storico di equa distribuzione della ricchezza e di coesistenza.
Se vogliamo rilanciare l’Europa, allora, ripartiamo dal Mediterraneo.

La Sicilia e il suo ruolo

Nei secoli la posizione strategica ha assegnato alla Sicilia un ruolo importante negli eventi storici che hanno avuto come protagonisti i popoli del Mediterraneo. È stata punto d'incontro ed anche di scontri, ma soprattutto luogo fecondo di arte e di cultura.
Essa rimane, senza dubbio, la terra privilegiata dove la storia e la multidimensionalità delle esperienze umane possono essere rivissute attraverso le immagini, le testimonianze e i segni che il tempo ha tramandato sino ai nostri giorni.
La Sicilia è un “popolo” che, assieme ai valori storici e culturali, ha vissuto in armonia con i valori della “antica attitudine all’accoglienza, all’asilo e alla solidarietà”.  La Sicilia può legittimamente considerarsi orgogliosa del ruolo che la storia Le ha riservato e lo sarà ancora di più se continuerà a tradurre l’insegnamento per il presente
È cronaca di tutti i giorni.   Lampedusa ed altre Città sono testimoni di eventi epocali che hanno radicalmente sconvolto il Medio Oriente e la sponda meridionale del Mediterraneo.
I paesi della regione stanno vivendo una fase difficile della loro storia, eppure se aiutati dall’Europa e non lasciati in balia di chi vuole sfruttare e rapinare le loro risorse, possono avviarsi verso un nuovo assetto di sviluppo e di coesistenza pacifica.
È necessario, però, puntare su interventi che portino a rafforzare un patto tra popoli, piuttosto che perseguire accordi accomodanti con le “vecchie oligarchie” con le quali l'Europa è riuscita a dialogare, sino ad ora, soprattutto in campo energetico.
La transizione è ancora lontana, è difficile, ma come insegna la storia, è promettente. È questione di tempo e di cooperazione.
Al di là dell’emergenza e dell’improvvisazione, allora, è necessario maturare una visione più ampia degli avvenimenti ed essere coprotagonisti, l'Italia tutta assieme all’Europa, nell’accompagnare i popoli del Mediterraneo verso un nuovo asseto di coesistenza pacifica.
L'Italia e per ragioni strategiche la Sicilia in particolare, se puntano sulla qualità della politica, possono avere le carte in regola a guidare il cambiamento.  

La politica europea

In questi ultimi decenni sono due le iniziative che hanno attenzionato la “questione mediterranea”, con l’obiettivo di promuovere politiche economiche di rilancio dei paesi della regione.
EuroMed (anno 1995) – un’alleanza tra sette paesi membri dell’Unione europea, fra i quali l’Italia, con l’obiettivo di promuovere attività di partenariato in ambito euro-mediterraneo;
Unione per il Mediterraneo (anno 2008) - un'organizzazione intergovernativa che raggruppa 43 paesi mediterranei, di cui 28 paesi membri dell’Unione europea.
L’Unione, frutto della volontà soprattutto francese in un momento di difficoltà di rapporti commerciali con i paesi del Maghreb, si poneva l’obiettivo di rilanciare il dialogo euromediterraneo come proseguimento del processo iniziato con l’accordo EuroMed, di cui riprendeva anche gli obiettivi.
L’iniziativa, sin dall’inizio, presentava criticità tutt’ora non risolte. Prime fra tutte la mancanza di strategie per lo sviluppo umano e per la stabilità nella regione, universalmente ritenute le cause principali dei continui e drammatici flussi migratori.
Dal punto di vista politico, poi, vanno ricordate le critiche di eurocentrismo, espresse sin dal 1995 dagli osservatori arabi, e quella di uno spiccato opportunismo, strumentale alla posizione politica francese.
Tuttavia, al di là della mancata realizzazione degli obiettivi enunciati, non si può non rilevare come l’adesione di 43 paesi sia un fatto positivo che ci può fare ben sperare ed incoraggiare in un cammino di ripresa.

Ripensare la politica
È necessario, allora, ripensare l’intera politica europea sulla immigrazione; una politica che vada oltre gli sforzi per il controllo delle frontiere e che predisponga un piano di interventi per il breve e lungo periodo al fine di interrompere il business dei trafficanti.
Per le azioni a lungo termine è necessario predisporre un piano di cooperazione allo sviluppo e di assistenza umanitaria al fine di affrontare le cause che danno origine ai flussi migratori, contribuendo in tal modo al consolidamento delle capacità dei paesi di gestire le loro frontiere.
Per l’immediato appare interessante la proposta italiana con il “Migration compact” del 2016, per ridurre i flussi lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d'origine e di transito, in particolare quelli africani.
Da subito, anche di fronte all’evidente stallo dell’Unione europea, l’Italia può attivarsi promuovendo incontri con i Governi degli Stati interessati dai flussi migratori, al fine di individuare percorsi umanitari e soluzioni per la gestione dei migranti e di predisporre, conseguentemente, singoli piani strategici, stipulando accordi bilaterali di cooperazione, qualora necessari.
 Documento su Migration compact          DocumentoCorridoi umanitari

Università per l'Africa
Un ruolo importante per affrontare la “questione mediterranea” va senza dubbio riservato alla promozione della cultura e della ricerca scientifica nei paesi afro-mediterranei.
È una grande occasione per la Regione Sicilia che può farsi carico, attraverso la Conferenza “Regione e Università”, di avviare e sostenere iniziative di cooperazione culturale e di formazione tra gli atenei siciliani e gli atenei dei paesi della sponda mediterranea e del Continente Africano.
Gli investimenti in formazione lasciano segni duraturi e avvicinano mondi che noi, per pigrizia intellettuale, definiamo lontani.
I giovani che avranno la possibilità di formarsi nelle nostre università porteranno con loro non solo le competenze acquisite, ma anche la nostra lingua, la nostra cultura e l’amore per il pensiero libero e democratico.
Saranno la nuova classe dirigente, potranno gettare un ponte formidabile tra noi e l’Africa e potranno dare un contributo notevole alla stabilizzazione del loro paese.


L'inchiesta di Presa diretta
PresaDiretta ha attraversato il continente africano per raccontare come e perché la Cooperazione allo sviluppo con i progetti giusti può fare la differenza e cambiare il futuro di un paese. Ci vogliono intelligenza, mezzi e tempo.
È il caso del Camerun dove è stata PresaDiretta per raccontare un progetto di successo. Da anni infatti quel paese ha stretto un rapporto solido con la rete delle università italiane che formano giovani camerunesi.
In Camerun oggi ci sono ingegneri, economisti, medici, farmacisti, architetti, agronomi, tecnici di laboratorio. Tutti laureati nel nostro paese, nelle nostre università.
Un percorso di formazione straordinario in cui tantissimi giovani africani hanno portato “a casa loro” le competenze acquisite in Italia.
Ma in Africa l’occidente non esporta solo buone idee. E quando nei paesi poveri arrivano capitali e interessi privati non sempre il risultato si coniuga con l’aiuto alle popolazioni locali.
Le telecamere di PresaDiretta sono state in Etiopia e hanno percorso la valle del fiume Omo fino al lago Turkana in Kenya. Una valle vastissima di inestimabile bellezza, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, il luogo dove avrebbe avuto origine la razza umana.
Qui dall’Italia sono arrivati capitali pubblici e privati per costruire un complesso di dighe per la produzione di energia su richiesta del governo etiope.  

Un patto tra popoli

In tema di Mediterraneo l’Italia non ha dimostrato di avere un progetto adeguato. I suoi governi, il più delle volte privi di strategie, hanno perso tempo aspettando un’Europa distratta, insensibile, in alcuni casi volutamente assente.
È la politica dell’attesa (vana!) o, forse meglio, è il teatro dell’assurdo nella cui rappresentazione si coglie la “nausea” dell’incapacità e della inettitudine e ci si sente “stranieri” in un’Europa tradita.
Il Mediterraneo, da crocevia di popoli nella sua storia millenaria, oggi è diventato frontiera dove vanno a sbattere le barche dalla disperazione.
Il “Grande mare” soffre di un vuoto di progetto.
Riteniamo sia venuto il momento di rimboccarci le maniche e passare all’azione. È necessario sollecitare un nuovo patto con i Paesi del Mediterraneo e definirne un progetto comune, individuando obiettivi politici, economici e culturali.
È necessario fare capire, all'Europa tutta e a quegli altri paesi che non riescono a proiettare lo sguardo oltre i propri confini, che i problemi esplosivi del Mediterraneo non minacciano soltanto la convivenza nella regione, ma anche e soprattutto, gli equilibri e la pace nel modo.
L’attuale situazione geopolitica nella regione ci dice chiaramente che è una strada ardua, piena di ostacoli e difficile da percorrere.
Buttare la spugna, tuttavia, per miopia o per impotenza ci fa sentire sempre più vicini al campo di battaglia


La soluzione in Africa è la cooperazione
Il Paese deve capire che l'Africa non è una minaccia ma una opportunità. Sul piano dell'azione, assieme ai Paesi interessati, è necessario predisporre un piano strategico che sia pietra miliare del futuro delle popolazioni in difficoltà.
Il piano deve mirare a promuovere adeguate politiche economiche e sociali finalizzate al rilancio dei Paesi della regione e deve affrontare i seguenti temi:
Cooperazione ed Enti locali   La soluzione dei problemi che sono alla base dei flussi migratori passa dagli interventi di cooperazione da attivare con i Paesi dell’Area del Mediterraneo, ma anche e soprattutto dalla capacità di risposta che gli Enti locali sono in grado di fornire ai problemi delle popolazioni locali.
Il partenariato tra le comunità, come accaduto in Europa dal secondo dopoguerra in poi, crea legami tra i popoli e ne rinsalda amicizia e solidarietà.
Promuovere, pertanto, percorsi di partenariato tra le istituzioni locali, attivare un processo di modernizzazione degli Enti locali con metodi moderni e modelli di gestione efficienti, favoriscono il processo verso la democrazia ed aiutano a trovare soluzioni efficaci ai problemi delle Comunità locali.
Riforme   Il piano deve prevedere un percorso per attuare quelle riforme necessarie a garantire lo stato di diritto e combattere la corruzione. I diritti umani, purtroppo ancora oggi, sono molto spesso negati in molti paesi e aggravati da mancanza di democrazia, violenza, ignoranza e povertà.     Per quanto riguarda la corruzione l’Italia ne è vittima e sa bene che non ci può essere crescita in un paese in cui la corruzione diventa costume nazionale.
Cultura, formazione e ricerca   Le collaborazioni culturali e scientifiche con Università e centri di ricerca di altri paesi favoriscono i rapporti tra popoli e ne rafforzano l’amicizia. Non bisogna dimenticare, poi, che i Giovani sono il futuro dei Paesi.
Sviluppo   L’Europa ha sposato una condotta a metà strada tra miopia e opportunismo politico pietista. Dimentica l’Europa che il continente africano possiede il 70% delle ricchezze del mondo, mentre la produzione manifatturiera equivale all'1 per cento dell'intera produzione manifatturiera mondiale.
Su oltre il miliardo dei suoi abitanti, 621 milioni non hanno accesso alla luce elettrica, mentre 800 milioni di persone non hanno accesso a Internet e ben l'80% del commercio avviene fuori dai Paesi dell'Africa.
La questione, quindi, è una sfida globale e, in una Europa segnata dai sovranismi nazionali, di sfide globali si è persa la traccia.  Il Mediterraneo ne è la riprova.



La ricaduta sull’ambiente e sul fragile equilibrio della popolazione locale sono oggi sotto gli occhi di tutti.

“AIUTIAMOLI A CASA LORO”, è un racconto di Riccardo Iacona con Marcello Brecciaroli, Roberta Ferrari, Elena Marzano, Massimiliano Torchia  -  RAI  29 gennaio 2018

Il piano per il Mediterraneo

La nascita della sensibilità ambientalista
La percezione dei problemi ambientali e l’attenzione verso la sua conservazione nasce in Inghilterra alla fine dell’Ottocento e rimane, quasi esclusivamente, affidata alla sensibilità degli scienziati e degli studiosi della natura.
Fu il ripetersi di incidenti, legati quasi sempre ad inquinamento da idrocarburi in mare, a suscitare l’interesse generale e spingere le Nazioni unite ad organizzare una conferenza mondiale sull’ambiente (Stoccolma, 5 - 16 giugno 1972).
La Conferenza si concluse con la Dichiarazione su diritti e responsabilità umane nei confronti dell’ambiente che portò alla istituzione del Programma delle NU per l’Ambiente (UNEP).
Nel 1975 sedici paesi del Mediterraneo e la Comunità Europea adottarono il primo piano sul mare, il “Mediterranean Action Plan” (MAP), che nel 1995 cambia titolo diventando "Convenzione per la protezione dell'ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo".
Questa nuova Convenzione mantiene inalterata la sua natura programmatica di riferimento, ma amplia il suo ambito di applicazione geografica, comprendendo le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere.
La Convenzione prevede, inoltre, che la sua attuazione venga realizzata mediante l'adozione di specifici protocolli con riguardo alle varie forme di inquinamento.
Con il passare degli anni, altre tappe hanno registrato significativi avanzamenti verso la definizione di sviluppo sostenibile e l’individuazione delle strategie per il suo conseguimento.
Il punto di forza di tali iniziative si sostanzia nel contenuto del preambolo della Dichiarazione: la dove chiarisce come la persona umana è «al tempo stesso creatura e artefice del suo ambiente» e conseguentemente è chiamato a condurre «le proprie azioni con più prudente attenzione per le loro conseguenze sull’ambiente».

 

L’importanza di un Mediterraneo pulito
L’importanza di avere un Mediterraneo vivo e pulito non sfugge a nessuno ed è diventato un obiettivo prioritario per l’umanità, al pari della pace e dello sviluppo economico dell’intera regione.
È necessario verificare come i problemi ambientali influiscono sullo standard di vita delle popolazioni costiere e come organizzare la cooperazione internazionale per poterli risolvere.
Il Mediterraneo, ricco di risorse sommerse, naturali ed archeologiche, bagna il territorio di Sicilia dove sole, cultura e paesaggio danno un notevole contributo al turismo costiero che rappresenta uno dei più importanti punti di forza per la sua crescita e il suo sviluppo.
L’economia del mare, con le filiere della cantieristica, del turismo, dei parchi marini, della pesca e dei trasporti, rappresenta un formidabile strumento di cooperazione, in grado di aprire la strada a nuove collaborazioni e di organizzare relazioni produttive e commerciali che, il più delle volte, travalicano gli ambiti territoriali nazionali.
Per questi motivi è necessario impegnarsi per attivare una più stretta collaborazione con i Paesi del Mediterraneo, con le Agenzie specializzate, con gli Enti locali e i laboratori partecipanti al progetto per:
1. superare le difficoltà sino ad ora incontrate per la mancanza di adeguati meccanismi di coordinamento a livello nazionale;
2. mettere a punto procedure analitiche standard al fine di rendere comparabili i risultati degli studi effettuati dai laboratori nei diversi Paesi;
3. realizzare una banca dati per strutturare il patrimonio informativo raccolto e renderlo disponibile a tutti i laboratori di ricerca;
4. organizzare una conferenza annuale per lo scambio delle esperienze vissute e la verifica dei risultati raggiunti.  

Human flow

Human flow , è il commovente film di Ai Weiwei che mostra il fallimento della nostra civiltà.
Una fiumana di gente si muove in massa attraverso la terra e il mare; un esodo collettivo di proporzioni bibliche, paragonabile (nella memoria recente) solo alla diaspora avvenuta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, che allontana dalle loro radici e dalle culture di origine intere popolazioni in fuga da conflitti, carestie, calamità naturali, povertà e persecuzioni.
Oltre 65 milioni di persone nel mondo sono state costrette a lasciare le proprie case per sfuggire alla carestia, ai cambiamenti climatici e alle guerre.
La testimonianza di Ai Weiwei, l'artista cinese attivista per i diritti umani e ambasciatore di Amnesty International, in questo toccante racconto applica la propria sensibilità pittorica ai grandi scenari del presente.
Il film colpisce per la magnitudo del fenomeno, descritta sia in termini numerici che attraverso inquadrature gigantesche, spesso filmate dall'alto, in cui i campi profughi e le colonne di migranti appaiono in tutta la loro immensità ed, allo stesso tempo, in tutta la loro dimensione entomologica.
Quelle inquadrature, per impatto visivo, sono paragonabili a certe fotografie di Sebastiao Salgado laddove racconta i formicai umani creati dalla miseria e dalla guerra.
Si coglie con mano il senso di smarrimento di questo flusso umano che affronta la fatica e il trauma della fuga dalla propria terra nella speranza di raggiungere una qualche forma di salvezza

 

Human Flow
descrive un universo nel quale conviviamo tutti sempre più faticosamente e chiede di non abbandonare l'empatia che ci rende (ancora) umani, ricordando i principi enunciati dalle Nazioni Unite: "dignità, libertà, eguaglianza e solidarietà".

Una toccante recensione di Paola Casella interpretata da Désirée Giorgetti
a seguire il trailer del film

 

Sicilia | È tempo di volare